lunedì 24 agosto 2009

Intervista a Giancarlo Ferrero [17/03/09]

Il basket in Italia è considerato effettivamente come il secondo sport di squadra (dopo il calcio) sia per importanza che numericamente, anche se ad analizzare il quantitativo di informazioni fornite dai mass media questo non si direbbe affatto. Ma se chiedete ad uno dei giovani emergenti dell’intero panorama cestistico nazionale, Giancarlo Ferrero, quale sia la sua ideale classifica degli sport prediletti, dal primo all’ultimo posto ci trovate solamente quello che prevede l’uso della palla a spicchi. Eh si, perché dopo aver sentito una sola volta il fruscio della retina l’amore è subito sbocciato.

Per rendere l’idea, cominciamo da uno dei quesiti finali: se non avessi fatto il giocatore di basket, come ti saresti visto?“Questa è la domanda più difficile che mi potessi fare! Ogni tanto mi chiedo, se non lo avessero inventato, che cosa avrei potuto combinare… ma non saprei proprio!”. I ringraziamenti al professor Naismith qui sono d’obbligo. Dal 1891 infatti di acqua sotto i ponti ne è passata abbastanza, tanto da far arrivare questa meravigliosa idea anche in una cittadina della provincia cuneese abitata da 28.000 anime: parliamo di Bra, dove Giancarlo è nato (1988) e cresciuto ed ha mosso i primi passi nel mondo cestistico.

“ Mi sono avvicinato al basket un po’ per caso, anche perché i miei genitori non facevano parte dell’ambiente. Un giorno arrivò un allenatore nella mia scuola elementare ed iniziò i classici corsi di minibasket: fin dal primo impatto ne restai folgorato e, pur essendo un’età in cui la tendenza è quella di provare tanti sport, la pallacanestro da allora non l’avrei più lasciata.” All’inizio è puro divertimento con gli amici, poi la svolta con il passaggio dal Brabasket all’Abet Bra: “Ha cominciato pian piano a formarsi un bel gruppo partendo dalla categoria Ragazzi, poi Cadetti ed infine Allievi, con il quale abbiamo disputato i corrispettivi campionati regionali. Di pari passo crescevo sia tecnicamente che fisicamente. Ecco, la mia fortuna, lo dico spesso, è anche quella di aver incontrato allenatori competenti che nonostante l’altezza non mi hanno mai messo sotto canestro, perché avrei potuto certamente segnare di più, ma sarei anche scomparso prima in quanto presto raggiunto in altezza e fisico da quelli con uno sviluppo meno rapido. Giocavo dunque da esterno, con la palla in mano e questo mi ha aiutato tanto in prospettiva.” Con gli Allievi arriva pure la prima vittoria da mettere in bacheca: “Abbiamo vinto il titolo regionale ed in semifinale ho fatto 69 punti contro Novara. Solo che nella stessa gara, Thomas Branca (ora in ___) ne aveva fatti 90! Me lo ricordo ancora, non sbagliava mai, faceva sempre canestro! Il punteggio finale è stato comunque 115-102 per noi, pazzesco…”. “In quegli anni giocavo pure con gli ’87 di coach Valeriano D’Orta, senza però mai far parte della squadra seniores. E’ forse, con il senno di poi, è stato molto meglio così perché non ero sicuramente pronto ad essere gettato ’nella mischia’ ”.

A quell’età (14-15 anni) cominciano le selezioni per il Trofeo delle Regioni e un’occhiatina ai prodotti piemontesi , oltre a Biella, la da anche Casale, vogliosa di diventare una società emergente e competitiva sia a livello giovanile che a livelli maggiori. “In quell’anno a Casale andammo io e Mauro Bezzi, i primi due giocatori di un progetto che l’anno seguente si sarebbe ancora più allargato. Partecipai ai campionati Cadetti e Juniores eccellenza, e con i primi abbiamo anche raggiunto l’Interzona.” E con la squadra di (allora) B1? “Il primo anno feci solo qualche allenamento; invece a partire dal secondo mi viene proposto di fare il 10° all’interno del team allenato da Franco Ciani. Ha finito per essere una stagione fantastica perché, pur giocando poco, ma d’altronde era la prima esperienza tra i senior, è arrivata la promozione con sole sei sconfitte totali ed anche il successo in Coppa Italia.” Era l’annata di Alejandro Muro e Davide Cristelli (“sono stati come due fratelli maggiori”) oltre che di Aimaretti, Davolio, Farioli, Quaroni, tutta gente capace di fare la differenza a quei livelli. “Io non ero sicuramente pronto, soprattutto fisicamente, e così a partire dall’estate ho cominciato a lavorare sotto tutti gli aspetti: sul fisico, sul tiro, sui fondamentali, tutto quanto mi permettesse di crescere come giocatore.” In campo giovanile intanto resta un sogno: le Finali Nazionali, obiettivo mai raggiunto da Giancarlo. Anche nell’anno successivo però, nonostante i favori del pronostico, e dopo una perfect season, arriva la sconfitta nella finalina regionale contro Biella (“un grande rammarico per me”). Perlomeno con la squadra di LegaDue (che tuttavia retrocederà) conquista i suoi piccoli spazi e fa capire di potersela giocare anche ad alti livelli. La freccia della fiducia, tendente verso l’alto, sfonda i limiti prestabiliti dopo la convocazione da parte di Gaetano Gebbia per far parte della spedizione della Nazionale Under 18 in terra greca. “L’ho presa come una dimostrazione del fatto che il lavoro paga. Per di più anche a livello europeo, confrontandomi con ragazzi della mia età e nonostante le difficoltà derivanti dalla mancanza di esperienza, ho dato prova di poterci stare, accumulando con il passare del tempo un minutaggio sempre maggiore. Una soddisfazione assoluta.”. Il 2006/2007 è un’annata un po’ particolare, infastidita fin da subito da un’operazione al menisco: il recupero arriva intorno ad ottobre/novembre e senza più gli Juniores, tocca farsi largo nella prima squadra partendo tuttavia in inevitabile ritardo. Il nuovo allenatore, Marco Crespi, sembra aver già stabilito e ordinato ruoli e gerarchie, così per Giancarlo il parquet di gara diventa un po’ meno frequentato. A metà campionato spunta l’idea di un doppio tesseramento in C1 a Valenza: “E’ stata dura poiché facevo allenamento dalle 17 alle 19 con Casale e poi dalle 20 alle 22 con Valenza. Qualcuno potrebbe pensare che arrivando dalla seconda Lega sia stato facile, ma non è così, anzi: a Valenza è stata praticamente la mia prima vera occasione di giocare con continuità tra i ‘grandi’, ed è stato tutt’altro che semplice, te lo assicuro. In più ero al 5° anno da geometra. Ma la notevole fatica è stata poi ripagata: ce la siamo giocata fino in fondo con Moncalieri riuscendo a spuntarla nella finale dei playoff, completando così la scalata in B2, e al di fuori dei palazzetti ho pure conseguito il mio diploma, di cui sono estremamente orgoglioso”.

Sfogliando il libro, si cambia capitolo. Stagione 2007/2008, quella passata. Tra le società italiane più attive da sempre nella ricerca e nel miglioramento dei giovani talenti c’è sicuramente la Virtus Siena che, accortasi della classe del braidese, ne richiede i servigi a Casale : “Un anno fantastico sotto il coach Stefano Salieri. Eravamo una compagine che puntava tutto su contropiede, ritmi elevati, velocità e a scapito dei pronostici, che ci davano addirittura poche speranze di salvezza, siamo riusciti a vincere la Coppa Italia, arrivando poi fino al secondo turno di playoff contro Trapani.” E a dirla tutta c’è anche la ciliegina sulla torta, grazie al premio di miglior Under 23 del torneo, non proprio bazzecole. “Grande soddisfazione, è vero, ma molto lo devo al coach, che mi ha concesso 26’ di media (conditi da circa 10 punti ad uscita ndr) in un mondo dove addirittura si è ancora costretti ad inserire delle regole per far giocare i giovani: vedi la regola dei due under ’88 e dei due under 20 in B1 o quella dei 5 under in Piemonte. A mio parere dovrebbe giocare chi se lo merita, riconosco però che un modo semplice ed immediato per risolvere questa situazione forse non c’è”. Torniamo a Siena: “Come città è fantastica, mi sono trovato benissimo… ci ho veramente lasciato metà del mio cuore. Come squadra invece giocavamo in 7-8, non tanti, ma mettevamo sempre tutto e di più in campo… alla fine però siamo rimasti praticamente in cinque a causa degli infortuni. Io negli ultimi minuti di gara 2 con Matera, al primo turno di play off, mi sono rotto lo scafoide e questo stop si è aggiunto a quelli di altri due miei compagni. Insomma, è stato quasi inevitabile che perdessimo poi 3-0 con Trapani”.

I mesi estivi tuttavia riportano la serenità: dalla Nazionale Under 20 arriva la convocazione in vista degli Europei di categoria a Riga, Lettonia. “Periodo super! L’esperienza con la Nazionale giovanile mi riempie sempre di convinzioni, di fiducia in me stesso e riuscire a vedere che puoi fare meglio di tanti coetanei sparsi in tutta Europa è sempre un qualcosa che ti carica al massimo.” Il 6° posto conclusivo però lascia un pizzico di amarezza nel palato: “Siamo partiti molto bene: dopo un ottimo girone pensavamo di entrare tra le prime quattro e lì poi giocarcela. Ma a causa di un arrivo con tre squadre a pari merito, siamo stati fregati dalla classifica avulsa… Per soli quattro punti di scarto siamo finiti nel giro di sfide valevoli dal 5° all’8° posto! Abbiamo quindi perso con Montenegro chiudendo 6°”.

La filosofia di Giancarlo è quella di fare un passo alla volta, senza mettere il piede in troppe scarpe, e così parte la ricerca di una nuova società che gli dia nuove, ampie responsabilità e minuti. “Siena l’ho lasciata un po’ a malincuore, ma quando mi è giunta la chiamata di Franco Ciani da Osimo, il mio ex allenatore con cui ho instaurato uno stupendo rapporto, non ho esitato più di tanto ad accettare. Il basket qui, come in tutte le Marche, è lo sport più seguito e quindi capisci immediatamente che il clima e l’ambiente sono proprio quelli giusti. Ci sono aspettative, certo, ma il passo successivo che ho fatto lo ritengo perfetto”. E anche la sua personale risposta alle esigenze è perfetta: le statistiche parlano di un ventello abbondante ad allacciata di scarpe, che ne fanno il secondo miglior realizzatore del girone B della A Dilettanti, dietro il bomber italo-americano Mike Gizzi. Avendo giocato al fianco di gente come Marco Evangelisti o lo stesso Muro, gli chiediamo se per caso non ha preso in prestito qualcosina, qualche segreto da cannoniere: “Ti dico,molto lo devo alla fiducia e convinzione di cui ti ho parlato prima. Ed è anche grazie ai miei compagni di squadra se sto viaggiando su questi livelli, perché sono loro a darmi la palla anche quando sbaglio, sono loro a sostenermi. Comunque Marco, Alejandro sono grandi giocatori, da cui ho cercato di imparare il più possibile ed evidentemente avendoci giocato assieme, qualcosa ho anche rubato loro!!”.

“Adesso arriva il difficile, poiché le squadre avversarie, conoscendoti già, apportano aggiustamenti difensivi come ad esempio decidere di flottare o meno, eccetera. Questo però è un’ulteriore fonte di stimoli e responsabilità. In più è arrivata la chiamata di Recalcati per il raduno della Nazionale e sono tutte cose che continuano a spingermi a lavorare intensamente e dare il meglio di me!” Allora discutiamo di speranze: “La prima è quella di fare bene con Osimo e arrivare il più lontano possibile, poi si vedrà.” C’è solo il presente nella testa di Giancarlo, ma magari il “next step” potrebbe essere la Serie A. Preferenze? “Una su tutti: Milano. Per la storia, la tradizione, i grandi atleti che hanno indossato quei colori. Anche Bologna sponda Virtus però non sarebbe male…” Difficile dargli torto. Uno che la maglia delle Vu Nere l’ha indossata nel passato, anche con notevoli successi al seguito, è Manu Ginobili, l’attuale guardia dei San Antonio Spurs in Nba: “E’ il giocatore cui mi ispiro maggiormente, senza alcun dubbio. Mancino come me, lo ritengo l’atleta più vincente di tutti dopo Jordan. Ha ottenuto titoli in Europa, in America, con la Nazionale, ovunque. Infatti gioco con il 20 in suo onore. Un fenomeno”. Rimanendo in tema, cosa ne pensi dei tre italiani (Gallinari, Bargnani e Belinelli) dall’altra parte dell’Oceano: “Sono contento che finalmente abbiano potuto trovare spazio e dimostrare il loro enorme valore. Poi uno come il ‘Gallo’, anche negli U.S.A., non ce l’hanno: un 2.07 con quel tiro, quelle mani, il talento, penso non avrà problemi a diventare uno dei top players. E’ bello vedere comunque un po’ di Italia anche lì, tra i migliori”.

Ripassando dal globale al locale, è inevitabile una considerazione sulla pallacanestro piemontese e in particolare sulla situazione di Torino, argomento per così dire in voga negli ultimi tempi: “Guarda, te ne potrei parlare per un’ora! Si sono spese già molte parole a riguardo. Ritengo strano che una regione simile abbia due sole squadre tra i professionisti (Biella e Casale ndr). In più nel cuneese dove abito io, la ‘categoria massima’ in cui si possono rintracciare società di basket è la C regionale. Assurdo, se paragonato alle Marche, dove situazione ed atmosfera sono totalmente opposti. Torino, poi, con le strutture che ha ora a disposizione, con la storia che ha dietro, il passato glorioso… il fatto che non ci sia neppure un team al di sopra della C Dilettanti è assolutamente inspiegabile. Forse l’augurio che tutti si fanno è l’arrivo del classico Paperon ‘De Paperoni, ma è strano che non ci sia più niente”. A parer tuo questo può essere imputato alla presenza di Juve e Toro? “Forse questo può essere un qualcosa che unisce. Il non essere divisi da una fede potrebbe aiutare a far crescere il movimento e far divenire il basket come ideale per Torino. La prima cosa è però far diventare la pallacanestro di moda, un po’ come capita a Milano. A quel punto cresce l’interesse, se ne parla, le notizie vanno sulla bocca di tutti e il pubblico si appassiona”.

Tra le domanda più frequenti c’è sempre quella riguardante i ringraziamenti. A chi vuoi dire grazie e perché: “Salieri e Ciani. Sono stati come due padri che hanno sempre creduto in me, dandomi minuti, spazio, possibilità e quant’altro. A loro devo molto. Così come ancora più devo ai miei genitori e ai miei nonni. Loro sono entrati nel mondo cestistico al mio fianco: non conoscevano nulla di nulla e oggi sono talmente appassionati che mio padre si guarda quindici partite a settimana, dalla serie D a Bra fino ai match in televisione. Non ne perde una! Inoltre i nonni si fanno spesso e volentieri il viaggio in treno fino ad Osimo per vedermi giocare: arrivano il sabato, restano la domenica e il lunedì ripartono. Mitici! Hanno sempre assecondato tutte le mie scelte, aiutandomi costantemente in tutto senza mai obbligarmi a fare qualcosa e dandomi consigli ogni qualvolta ce ne fosse bisogno. Per loro l’importante è che io sia contento e questa è una bellissima cosa”.

Giancarlo è pur sempre un ragazzo di 20 anni e quindi per terminare gli chiediamo quali sono i suoi sogni e i suoi hobby: “Il sogno? Indossare la canotta azzurra della Nazionale. E’la cosa che desiderio di più assolutamente. Gli hobby invece sono quelli che hanno tutti i ragazzi della mia età, soprattutto uscire con gli amici. Adesso poi uso abbastanza il computer essendo preso da Facebook (ride ndr) e vado volentieri al mare, visto anche dove mi trovo! Mi piace infine viaggiare e Miami è nettamente la mia città preferita, da perderci la testa, anche se li prima dei 21 anni puoi fare poco o nulla. Voglio assolutamente tornarci!” Allora vuoi dirci che Miami è meglio di Bra? “Ahi! E’ durissima! Anche in mezzo alle colline, insieme alla famiglia sto benissimo!” Un grande, come persona e giocatore. Ladies and gentlemen: Giancarlo Ferrero.

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