venerdì 13 novembre 2009

Pagine di Basket___2




- Nella corsia successiva ci metto Il Taccuino di Dido Guerrieri (a cura di Massimo Turconi).


Premessa: una mente, un’intelligenza, una memoria e, in sostanza, una figura come quella di Giuseppe “Dido” Guerrieri da Civitavecchia non le ho mai incontrate prima e sono sicuro che non ritroverò più sul mio cammino. Un pozzo di scienza in carne ed ossa. Ogni singola volta che l’ho incontrato, ho ascoltato le sue storie, ho letto i libri che mi ha regalato, ho parlato con lui, mi è sembrato di viaggiare nelle viscere della storia del basket: un’esperienza unica e arricchente.


“Il Taccuino” corrisponde in pratica alla raccolta di tutti gli articoli comparsi, dal 1978 al 1991, sul Superbasket di Aldo Giordani sotto l’omonima rubrica firmata dalla penna dell’Eternauta. Ogni punto di vista della sua vita (di allenatore e uomo) è toccato e la “prosa” che ne viene fuori dimostra la schiettezza, l’acume ed il bagaglio culturale in possesso dell’ex coach (anche) della mia Torino, quella dei tempi d’oro. Gli aneddoti si sprecano, idem dicasi per citazioni e considerazioni (pure su temi scottanti) ed un altro protagonista della compilazione è il suo gatto di casa, Silvestro, un “filosofo”, che non soltanto parla ma tratta di basket divinamente, fino alla sua dolorosa scomparsa. In fondo comunque, riuscire a spiegare un’opera del genere rasenta l’impossibile e l’unico modo per risolvere il problema è leggerla tutta dal principio, attraversando Sesto San Giovanni, Milano, Roma, Bologna, Torino o Seattle sempre in intrepida attesa, l’attesa del conoscere e del sapere, ma soprattutto mai indossando qualcosa di viola (porterebbe sfiga... grazie Dido).


Nota a margine: non lasciatevi ingannare dalla datazione arretrata, le parole dell’immenso Prof. “stay eternal”. Ecco quindi un estratto, penso significativo, da uno degli articoli composti nel 1983:


“Eternauta per vocazione”


“Nuovi universi umani da incontrare, mostri da sfuggire, oasi dove approdare. Anche la Slobbovia ha una sua orrida bellezza, ma anche Fogar è partito per il polo per esplorarlo, per stare là un po’, ma poi (lui spera ed io con lui) tornare. Dunque l’eternauta si prepara spiritualmente a lasciare la Slobbovia; partirà, lo saprete (e lo saprà lui stesso) in primavera, se ancora, come si spera, la primavera riapparirà fra noi.”


[ndr. Fogar, Ambrogio: esploratore; Slobbovia: sta a voi scoprirlo…]


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